Yefim Bronfman

Yefim Bronfman

nato il 10.4.1958 a Tashkent, Uzbekistan

Yefim Bronfman

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(EN)

«Everything you do in life is reflected in your playing»

(IT)

«Tutto ciò che fai in vita si riflette nel tuo modo di suonare»

(Yefim Bronfman, intervista al Milwaukee Journal[1])

Efim "Fima" Naumovič Bronfman, in russo: Ефим Наумович Бронфман? (Tashkent, 10 aprile 1958), è un pianista russo-israeliano.

Biografia

Nasce a Tashkent, allora in Unione Sovietica, oggi Uzbekistan, nel 1958 da madre pianista e padre violinista. All'età di quindici anni, nel 1973, emigra con la sua famiglia in Israele, dove studia pianoforte con Arie Vardi, direttore dell'Accademia musicale Rubin presso l'Università di Tel Aviv. Bronfman farà il suo debutto professionale con l'Orchestra filarmonica d'Israele nel 1974 e internazionalmente l'anno seguente con Zubin Mehta e la Montreal Symphony Orchestra. Durante tutto il 1976 Bronfman gira gli Stati Uniti con l'Israel Philharmonic Orchestra suonando il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 di Rachmaninov. Nello stesso anno emigra negli Stati Uniti e studia alla Juilliard School di Marlboro. Fra i suoi maestri si annoverano Rudolf Firkušný, Leon Fleisher e Rudolf Serkin.

Al Grand Théâtre di Ginevra nel 1987 esegue un concerto con Isaac Stern e nel 1989 tiene un recital.

Nel 1989 gli viene data la cittadinanza americana.

Nel 1991 esegue un concerto al Teatro alla Scala di Milano con Stern.

Nel 2002 per il Teatro La Fenice di Venezia tiene un recital al Teatro Malibran.

Alla Carnegie Hall per il Metropolitan Opera House di New York nel 2008 esegue il Concerto da camera per Piano e Violino con 13 strumenti a fiato di Berg e nel 2012 il Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 (Beethoven) diretto da Fabio Luisi.

Discografia e repertorio

Yefim Bronfman è un pianista prevalentemente romantico e tardo romantico, come testimonia il suo vasto repertorio riferito a questo periodo storico: Beethoven, Brahms, Prokofiev, Rachmaninov e Pëtr Il'ič Čajkovskij sono gli autori da lui più eseguiti. È inoltre il primo esecutore del concerto per pianoforte di Esa-Pekka Salonen [2] Ha collaborato assiduamente con il violinista Shlomo Mintz, con il quale ha inciso le Sonate per Violino di Franck, Debussy, Ravel e Fauré.

  • Bartók: The Three Piano Concertos - Yefim Bronfman, Esa-Pekka Salonen & Los Angeles Philharmonic, 1995 Sony - Miglior interpretazione solista di musica classica con orchestra (Grammy) 1997

Riferimenti letterari

Nel romanzo La macchia umana di Philip Roth, il narratore assiste a Tanglewood alle prove di un concerto in cui suona anche Bronfman. Il personaggio è così descritto (pag. 227):

Poi, ecco apparire Bronfman. Bronfman il brontosauro! Mister Fortissimo! Bronfman viene a suonare Prokof'ev, a un ritmo tale e con una tale aria da gradasso che tutta la mia morbosità vola fuori dal ring. È un uomo considerevolmente massiccio nella parte alta del busto, una forza della natura mimetizzata dalla blusa di una tuta, uno che è arrivato al Music Shed dal circo dove esibiva i propri muscoli e che ora se la prende col piano: una sfida ridicola, per la gargantuesca energia in cui sguazza. Più che all'uomo che lo suonerà, Yefim Bronfman somiglia a quello che dovrebbe trasportarlo. Non avevo mai visto nessuno gettarsi su un pianoforte come quel robusto barilotto di un ebreo russo con la barba di tre giorni. Quando avrà finito, penso, dovranno buttarlo via. Lo sta schiacciando. Non gli lascia nascondere nulla. Qualunque cosa avrà dentro dovrà uscire, e con le mani in alto. E quando accade, quando tutto è là fuori, e si spegne l'ultima eco dell'ultima vibrazione, anche lui si alza e se ne va, lasciandosi dietro la nostra redenzione. Ci saluta allegramente con la mano e sparisce; e anche se porta via con sé tutto il suo fuoco con un impeto non minore di quello di Prometeo, ora la nostra vita sembra inestinguibile. Nessuno morirà, nessuno... No, se Bronfman potrà dire la sua![3]

Note

  1. ^ (EN) Breve biografia di Yefim Bronfman, su musicianguide.com.
  2. ^ (EN) Discografia e tournée, su yefimbronfman.com.
  3. ^ Philip Roth, La macchia umana, traduzione di V. Mantovani, collana Supercoralli, Einaudi, 2001, pp. 386, ISBN 88-06-15818-X.
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