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Musicista

Billie Holiday

Billie Holiday - © William P.Gottlieb

nata il 7.4.1915 a Philadelphia, PA, Stati Uniti d'America

morto il 17.7.1959 a New York City, NY, Stati Uniti d'America

Billie Holiday

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Eleanora Fagan[1], o Elinore Harris,[2] nota come Billie Holiday o Lady Day (Filadelfia, 7 aprile 1915 – New York, 17 luglio 1959), è stata una cantante statunitense, fra le più grandi di tutti i tempi nei generi jazz e blues.

Nata da genitori non sposati, Sarah Julia Fagan e il musicista Clarence Halliday,[2] noto come Clarence Holiday. Quando scelse il suo nome d'arte, Eleanora prese il cognome d'arte del padre e il nome "Billie" in omaggio all'attrice Billie Dove.[1][2][3]

Biografia

Billie nacque da una notte d'amore tra il sedicenne Clarence Holiday, un suonatore di banjo, e la tredicenne Sadie Fagan, ballerina di fila.[4] Il padre non si occupò quasi mai di lei: lasciò presto la figlia per seguire le orchestre itineranti con cui suonava.

Billie ebbe un'infanzia travagliata e dolorosa. Trascorse i primi anni a Baltimora (spesso indicata come città di nascita, ma recenti ricerche hanno indicato che era nata in realtà a Filadelfia, dove sua madre Sadie lavorava come domestica[5]) trattata duramente dalla cugina della madre, a cui questa aveva affidato la figlia mentre lavorava come domestica a New York.

Subì uno stupro a dieci anni e in seguito dovette evitare diversi altri tentativi di violenza. Ancora bambina, raggiunse la madre a New York, e cominciò a procurarsi da vivere prostituendosi in un bordello clandestino di Harlem. Guadagnava qualche soldo in più lavando gli ingressi delle case del quartiere; non si faceva pagare solo dalla tenutaria del bordello, che in cambio le lasciava ascoltare i dischi di Bessie Smith e Louis Armstrong sul fonografo del salotto. Quando la polizia scoprì il bordello, Billie fu arrestata e condannata a quattro mesi di carcere.

Rimessa in libertà, per evitare di tornare a prostituirsi cercò lavoro come ballerina in un locale notturno. Non sapeva ballare ma fu assunta immediatamente quando la sentirono cantare, e a quindici anni iniziò la carriera di cantante nei club di Harlem.

In questo periodo le colleghe iniziarono a chiamarla "Lady" (la signora) perché si rifiutava di ricevere le mance dai clienti prendendo, come facevano tutte, le banconote tra le cosce. Nel 1933, diciottenne, mentre cantava al "Log Cabin", fu notata dal produttore John Hammond, che le organizzò alcune sedute in sala d'incisione con suo cognato Benny Goodman.[6] Tra il 27 novembre e il 3 dicembre incise i suoi primi due dischi con l'orchestra di Goodman: Your Mother's Son-in-law e Riffin' the Scotch, che passarono inosservati. Ma Hammond continuò a credere in lei. Nel 1935 le procurò un contratto con il pianista Teddy Wilson per alcune incisioni sotto l'etichetta Brunswick, che ebbero successo e fecero conoscere Billie. «Si imponeva per la sua voce intensamente drammatica, per la capacità di "volare" sul tempo e per l'emozione che sapeva trasmettere anche su testi banali».[7]

Nel 1936 cominciò a incidere col proprio nome per l'etichetta Vocalion. Successivamente lavorò con grandi nomi del jazz come Count Basie, Artie Shaw e Lester Young, al quale fu legata da un intenso rapporto d'amicizia e per il quale coniò il soprannome "Prez" ("il presidente"), mentre egli inventò per lei "Lady Day"[8].

Billie Holiday, con l'aiuto e il supporto di Artie Shaw, fu tra le prime cantanti nere ad esibirsi assieme a musicisti bianchi.[9] Nei locali dove cantava, Holiday doveva usare l'ingresso riservato ai neri, e rimanere chiusa in camerino fino all'entrata in scena. Una volta sul palcoscenico, si trasformava in Lady Day; portava sempre una gardenia bianca tra i capelli, che divenne il suo segno distintivo.

Nel 1939, sfidando le discriminazioni razziali, cantò una canzone coraggiosa, Strange Fruit (Grammy Hall of Fame Award 1978); il frutto era il corpo di un nero ucciso dai bianchi ed appeso a un albero. La canzone divise il pubblico; Holiday poté eseguirla solo se la direzione del club lo consentiva.

All'inizio degli anni quaranta patì un matrimonio breve e tormentato e la morte della madre. Prostrata, cominciò ad assumere stupefacenti, dalla marijuana fino all'eroina, e la voce iniziò a risentirne. Ciò non le impedì di realizzare eccellenti incisioni per la Commodore con l'orchestra del pianista Eddie Heywood come ad esempio il singolo Embraceable You 1944 (Grammy Hall of Fame Award 2005).

Nel 1947 apparve nel film-musical New Orleans, accanto a Louis Armstrong, e nel film La città del jazz. Assunse poi un nuovo impresario, Norman Granz, che le procurò scritture con importanti musicisti jazz: Benny Carter, Oscar Peterson, Ben Webster, Coleman Hawkins, Buck Clayton, Tony Scott e il pianista Mal Waldron, che negli ultimi anni l'accompagnò in tutti i concerti.

Nel 1954 andò in tournée in Europa. Fu in Italia una sola volta, nel 1958 a Milano, dal 3 al 9 novembre ma in un teatro di avanspettacolo. Il pubblico, non abituato al jazz, non gradì lo spettacolo e Holiday non poté nemmeno cantare tutti i brani in scaletta, e dopo il quinto pezzo fu fatta tornare in camerino[10]. Il 9 novembre, ultimo giorno di permanenza a Milano, fu organizzato da appassionati e intenditori di jazz uno spettacolo "riparatore" al Gerolamo, in piazza Beccaria, grazie al fido Mal Waldron. Il pubblico le tributò una vera ovazione.

All'inizio del 1959 la cantante scoprì di essere affetta da cirrosi epatica. Su invito del medico, decise di smettere di bere, ma riprese poco dopo. In maggio il suo peso scese di 9 chili. Molte persone che le erano vicine, tra cui il suo manager, il giornalista Allan Morrison e diversi amici, cercarono di convincerla a ricoverarsi in ospedale, senza successo. Il 15 marzo morì il suo vecchio amico Lester Young. I parenti di Young non fecero cantare Billie Holiday al suo funerale; questo la turbò molto.

Il 31 maggio la cantante fu trovata a terra incosciente nel suo appartamento di New York. Fu immediatamente ricoverata ma anche arrestata perché nella sua stanza avevano trovato droga. Al Metropolitan Hospital Center le analisi evidenziarono problemi al fegato e disturbi cardiovascolari. Fu piantonata per l'intera degenza.

Il 15 luglio ricevette l'estrema unzione secondo il rito cattolico; due giorni dopo morì. Erano le 3:10 antimeridiane del 17 luglio 1959. Il referto medico della morte evidenziò un edema polmonare e un'insufficienza cardiaca.

Lascito culturale

La carriera e la vita di Billie Holiday furono segnate dalla dipendenza dall'alcool e dalla droga, da relazioni burrascose e da problemi finanziari. Anche la sua voce ne risentì, e nelle sue ultime registrazioni l'impeto giovanile lasciò il posto al rimpianto. Il suo impatto sugli altri artisti fu comunque notevole in ogni fase della sua carriera.

Tra le canzoni più famose del repertorio di Billie Holiday vanno ricordate God Bless the Child (da lei composta) (Grammy Hall of Fame Award 1976), Lover Man del 1945 premiata Grammy Hall of Fame Award 1989, I Loves You Porgy e The Man I Love di George Gershwin, Billie's Blues, Fine and Mellow, Stormy Weather, Strange Fruit. Quest'ultima canzone fu negli anni quaranta l'inno della protesta per i diritti civili:

(EN)

« Southern trees bear a strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root
Black body swinging in the Southern breeze
Strange fruit hanging from the poplar trees... »

(IT)

« Gli alberi del sud hanno un frutto strano,
sangue sulle foglie e nelle radici,
un corpo nero penzola nella brezza del sud,
un frutto strano che pende dai pioppi... »

(Strange Fruit)

Billie Holiday nel 1956 scrisse la sua autobiografia, Lady Sings the Blues. In Italia è stata pubblicata da Longanesi nel 1959 con il titolo La signora canta il blues, nella traduzione di Mario Cantoni.

Nel 2002 l'album Lady Day: The Complete Billie Holiday on Columbia 1933–1944 vince il Grammy Award for Best Historical Album.

Citazioni e riferimenti

Anche dopo la morte Billie Holiday continuò ad influenzare cantanti affermate come Janis Joplin, Nina Simone e in Italia Giorgia Todrani.

  • Diana Ross la interpretò nel film La signora del blues, tratto dalla sua autobiografia;
  • Alla fine degli anni ottanta, gli U2 le dedicarono Angel of Harlem: «Lady Day got diamond eyes, she sees the truth behind the lies» ("Lady Day ha occhi di diamante, vede la verità dietro le bugie");
  • Lou Reed intitolò Lady Day una delle sue più intense canzoni, secondo brano del concept album Berlin. Si tratta di un crudo e ironico ritratto femminile, chiaramente ispirato alla leggendaria figura di Holiday;
  • Lo scrittore Stefano Benni compose e interpretò Lady Sings the Blues, graffiante ritratto della cantante[11].
  • Nel 2003, nell'album di debutto della cantante Amy Winehouse vi è una cover della canzone (There Is) No Grater Love. È stata da sempre omaggiata dalla cantante jazz di Camden Town.
  • Nel 2006 il Teatro Nazionale Croato di Spalato mise in scena Billie Holiday, scritta dal cineasta Arsen Anton Ostojić e dall'attrice/cantante Ksenija Prohaska[12] che la interpretò.
  • La versione 4.3 della piattaforma software WordPress, pubblicata il 18 agosto 2015 è dedicata a Billie Holiday.
  • La cantante Lana Del Rey, nel singolo The Blackest Day dell'album Honeymoon, omaggia Holiday.

Discografia

Album

Anno Titolo Etichetta e Num. Cat.
1946 Billie Holiday Commodore CR-2 (4 dischi a 78 giri)
1947 Billie Holiday – Teddy Wilson Columbia C-61 (4 dischi a 78 giri)
1947 A Hot Jazz Classic Set, Vol.1 Columbia-135 (4 dischi a 78 giri)
1947 Distinctive Song Stylings Decca A-652 (4 dischi a 78 giri)
1949 Teddy Wilson And His Orchestra Featuring Billie Holiday (10") Columbia CL-6040
1950 An Evening With Eddie Heywood and Billie Holiday (10") Commodore FL 30001
1950 Ella, Lena and Billie (10") Columbia CL 2531
1950 Billie Holiday Sings (10") Columbia CL 6129
1950 Billie Holiday Volume One (10") Commodore 20005
1950 Billie Holiday Volume Two (10") Commodore 20006
1951 Favorites (10") Columbia CL 6163
1951 Lover Man (10") Decca DL 5345
1951 (pubblicato nel 1964) A Rare Live Recording Of Billie Holiday (Storyville) M2001
1952 Billie Holiday Sings Clef MGC 118 (10") Mercury 89002 (4 dischi a 78 giri)
1953 An Evening With Billie Holiday Clef MGC 144 (10") Mercury 89028 (4 dischi a 78 giri)
1954 Billie Holiday Clef MGC 161 (10") Mercury 89045 (4 dischi a 78 giri)
1954 Billie Holiday at JATP Clef MGC 169 (10") Mercury 89053 (4 dischi a 78 giri)
1954 Billie Holiday and Teddy Wilson Orchestras Columbia 33 S 1034
1954 Lady Day Columbia CL 637
1954 Billie Holiday Volume One Jolly Roger 5020
1954 Billie Holiday Volume Two Jolly Roger 5021
1954 Billie Holiday Volume Three Jolly Roger 5022
1955 A Collection of Classic Jazz Interpretations by Billie Holiday (10") Columbia B-1949
1955 (pubblicato nel 1958) Stay With Me Verve MGV 8302
1955 Music for Torching Clef MGC 669 / Verve MV 2595
1956 Recital by Billie Holiday Clef MGC 686
1956 Solitude Clef MGC 690 / Verve V6-8074
1956 Hall of Fame Series (7") Columbia B-2534
1956 Velvet Mood Clef MGC 713
1956 Billie Holiday at JATP Verve MGC 718
1956 The Lady Sings Decca DL 8215
1956 Lady Sings the Blues Clef MGC 721 / Verve MV 2047
1956 (pubblicato nel 1959) All or Nothing at All Verve MGV 8329
1956 (pubblicato nel 1961) Carnegie Hall Concert Verve V6-8410
1957 (pubblicato nel 1958) Songs for Distingué Lovers Verve MGV 8257 / Verve 2352 085
1957 (pubblicato nel 1960) Body and Soul Verve MGV 8197
1957 Ella Fitzgerald and Billie Holiday at Newport Verve MGV 8234
1957 (pubblicato nel 1999) A Midsummer Night's Jazz at Stratford '57 Baldwin Street 308
1957 Sound of Jazz Columbia CL 1098
1958 Lady in Satin Columbia CL 1157
1958 The Blues Are Brewin' Decca DL 8701
1958 Lover Man Decca DL 8702
1958 Billie Holiday Commodore 30008
1958 (pubblicato nel 1986) At Monterey Blackhawk 50701
1959 Seven Ages of Jazz Metrojazz 1009
1959 Billie Holiday MGM 3764
2001 Lady Day: The Complete Billie Holiday on Columbia 1933–1944 Legacy Recordings

Singoli

Anno Singolo Posiz. class.
Pop US
R&B
1934 Riffin' the Scotch 6
1935 What a Little Moonlight Can Do 12
Twenty-Four Hours a Day 6
If You Were Mine 12
1936 You Let Me Down 18
These Foolish Things (Remind Me of You) 5
It's Like Reaching for the Moon 17
No Regrets 9
Summertime 12
A Fine Romance 9
Let's Call a Heart a Heart 18
The Way You Look Tonight 3
Who Loves You 4
That's Life, I Guess 20
I Can't Give You Anything But Love (Dear) 5
1937 Pennies from Heaven 3
I've Got My Love to Keep Me Warm 4
Please Keep Me in Your Dreams 13
This Year's Kisses 8
Carelessly 1
How Could You 12
Moanin' Low 11
They Can't Take That Away from Me 12
Mean to Me 7
Easy Living 15
Yours & Mine 16
Me, Myself & I 11
A Sailboat in the Moonlight 10
Getting Some Fun Out of Life 10
Trav'lin' All Alone 18
Nice Work If You Can Get It 14
1938 My Man 12
You Go to My Head 20
I'm Gonna Lock My Heart 2
1939 Strange Fruit 16
1941 God Bless the Child 25
1942 Trav'lin' Light 23 1
1945 Lover Man (Oh, Where Can You Be?)/That Ole Devil Called Love 16 5

Note

  1. ^ a b Billie Holiday Biography - life, family, childhood, name, death, history, mother, young, information, born, drugs
  2. ^ a b c Billie Holiday Biography - Facts, Birthday, Life Story - Biography.com
  3. ^ Billie Holiday | Biography Archiviato il 15 febbraio 2012 in Internet Archive.
  4. ^ Nella sua autobiografia, la Holiday dice che sua madre aveva tredici anni, ma pare che ne avesse in realtà sedici.
  5. ^ Stuart Nicholson Billie Holiday, Northeastern University Press, 1997. ISBN 978-1-55553-303-8
  6. ^ non ancora «re dello swing».
  7. ^ Adriano Mazzoletti, «La voce del jazz», Liberal, 10 ottobre 2009.
  8. ^ aggiungendo "Day" al nomignolo "Lady" con cui Billie era già conosciuta, perché rimasse con "Holiday"
  9. ^ La Holiday descrisse la sua tournée con l'orchestra (bianca) di Artie Shaw negli stati segregazionisti del Sud come un'esperienza dura: i musicisti rischiavano di essere aggrediti quasi a ogni tappa a causa della presenza di Billie. Quando infine l'orchestra arrivò a New York, la città di Billie, con grande amarezza di tutti gli impresari disposero di non alloggiare la cantante nello stesso hotel dell'orchestra.
  10. ^ Adriano Mazzoletti, op. cit.
  11. ^ Si veda il collegamento: Un inedito di Stefano Benni
  12. ^ Già Marlene Dietrich nel film hollywoodiano Bugsy di Barry Levinson.

Bibliografia

  • Billie Holiday, La signora canta il Blues, Feltrinelli, 1996. ISBN 88-07-81405-6
  • Julia Blackburn, Lady Day. La vita e i tempi di Billie Holiday,2007. ISBN 978-88-428-1330-9
  • Meg Greene, Billie Holiday: A Biography, Greenwood 2006, 0313336296, 9780313336294, 9780313055744

Altri progetti

Collegamenti esterni

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