Paul Whiteman

Paul Whiteman

nato il 28.3.1890 a Denver, CO, Stati Uniti d'America

morto il 29.12.1967 a Doylestown, PA, Stati Uniti d'America

Paul Whiteman

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Paul Whiteman e la sua orchestra nel 1921. Dal frontespizio dello spartito di uno dei loro primi successi, "Wang Wang Blues"

Paul Whiteman (Denver, 28 marzo 1890  Doylestown, 29 dicembre 1967) è stato un direttore d'orchestra e jazz statunitense, noto col nome di "Re del Jazz", che commissionò a George Gershwin il brano orchestrale "Rapsodia in blu".

Biografia

Whiteman iniziò la sua carriera come violinista e violista, ma presto iniziò a condurre un'orchestra da ballo utilizzando come spunto lo stile delle orchestre jazz di recente formazione. Il suo complesso acquisì una certa notorietà nell'area di San Francisco attorno al 1918. Si trasferì a New York nel 1920, e in quella città cominciò a registrare per la Victor Records una serie di album che lo fecero conoscere in tutta la nazione e fecero di Whiteman il più famoso direttore di orchestra da ballo degli anni venti[1]

Nel febbraio del 1924 debuttò all'Aeolian Hall di New York presentando un'orchestra rivoluzionaria composta in origine da 3 violini, 2 contrabbassi, 2 tube, banjo, 2 trombe, 2 tromboni, 2 corni, 3 sassofoni (ciascuno in tre registri, alternati ai clarinetti), 2 pianoforti, celeste, timpani, e batteria, allargando successivamente le file ad altri strumenti.

Whiteman (che a questo punto veniva già chiamato "re del jazz") commissionò[2] a George Gershwin - affiancato dal suo arrangiatore di fiducia Ferde Grofè - il brano "Rapsodia in blu", la cui prima fu eseguita nel 1924 dalla sua orchestra, con Gershwin stesso al pianoforte. Grofè è anche ricordato per essere l'autore di Grand Canyon Suite, un brano che l'orchestra ebbe sempre in repertorio e che fu utilizzata per la colonna sonora del film A Christmas Story.

Nel 1926 l'orchestra registrò, con grande successo, Hoagy Carmichael alla voce e al pianoforte nel brano Washboard Blues. Nel 1931, Whiteman sposò l'attrice cinematografica Margaret Livingston.

L'orchestra di Whiteman non riuscì a sopravvivere alla crisi che annichilì tutte le formazioni simili alla fine degli anni '30. Dopo averla sciolta, Whiteman divenne il direttore musicale della ABC Radio Network, comparendo come presentatore e ospite in numerosi programmi televisivi.

Morì a 77 anni a Doylestown (Pennsylvania).

Re del Jazz?

Paul Whiteman fu uno dei maggiori responsabili dei cambiamenti nella musica leggera e da ballo negli Stati Uniti dopo la Prima guerra mondiale. Prima di quell'epoca, la musica da ballo era spesso suonata da bande militari o da piccole formazioni, spesso costituite di soli archi. Dopo il 1918, Whiteman, lavorando col suo arrangiatore Ferde Grofè, e contemporaneamente ad un altro direttore di San Francisco, Art Hickman, introdusse la sezione dei sassofoni come unità alla pari con la sezione degli ottoni stabilendo così la formazione standard per le orchestre da ballo, ancora utilizzata nelle orchestre contemporanee.

Nella scrittura orchestrale, che fino ad allora era stata estremamente semplice e ripetitiva, Whiteman e Grofè introdussero modulazioni, variazioni ritmiche, e, nel corso degli anni, molte tecniche derivate dalla scrittura orchestrale sinfonica: su questa base essi innestarono elementi stilistici di derivazione jazzistica.

Queste innovazioni, unite all'elevatissimo livello degli strumentisti che Whiteman reclutava, resero la sua formazione il motore del cambiamento della musica popolare americana del primo dopoguerra.

Negli anni venti e trenta, Whiteman divenne famoso come "Re del Jazz", un titolo che egli accettò di buon grado, ma che gli fu da più parti - a volte aspramente - contestato. Gran parte della sua musica non fu considerata jazz dai critici che lo seguirono, e molti lo indicarono come uno degli esempi di bianchi che tentarono di appropriarsi della musica afroamericana. Altri considerarono il lavoro di Whiteman come un'interessante esperienza di jazz leggero. Dai suoi pari (come mostra la citazione di Ellington in questo articolo) Whiteman ebbe quasi sempre attestati di riconoscimento per la sua professionalità.

Come direttore d'orchestra, Whiteman lavorava in maniera tradizionale, utilizzando arrangiatori e con parti scritte per tutti gli strumenti, lasciando molto poco spazio all'improvvisazione. Questa maniera di procedere, che oggi è considerata assai poco jazzistica, era tuttavia consistente con la normale pratica delle orchestra da ballo sue contemporanee (e fino al 1940 il jazz fu considerato essenzialmente musica da ballo): così lavorava Fletcher Henderson e, più tardi Benny Goodman, anche se entrambi lasciavano molto più spazio ai solisti. In ogni caso, Whiteman mise in luce favorevole il jazz, conferendogli una rispettabilità che gli era talvolta mancata: in quegli anni, la sua orchestra rappresentò l'introduzione al jazz per moltissime persone.

Inoltre Whiteman apprezzava i jazzisti e fu tra le file dei jazzisti bianchi[3] che assunse i migliori tra i suoi solisti: Bix Beiderbecke, Frankie Trumbauer, Joe Venuti, Eddie Lang, Steve Brown, Mike Pingitore, Gussie Mueller, Wilbur Hall, Jack Teagarden, e Bunny Berigan. Oltre a corrispondere un'ottima paga, Whiteman cercava di offrire loro la possibilità d'improvvisare e di registrare in piccole formazioni più tradizionalmente jazzistiche.

Anche Bing Crosby e Mildred Bailey debuttarono come cantanti con Whiteman, che, per oltre trent'anni, non cessò mai di cercare e incoraggiare talenti: in questo il suo maggior successo fu senza dubbio la citata commissione per "Rapsodia in blu", che lasciò lo stesso Gershwin sbalordito.

Filmografia

  • Broadway After Dark di Monta Bell - cameo (1924)
  • Il re del jazz (The King of Jazz), regia di John Murray Anderson e (non accreditato) Pál Fejös (1930)
  • Musica indiavolata di Busby Berkeley - sé stesso (1940)
  • Rapsodia in blu (Rhapsody in Blue), regia di Irving Rapper - sé stesso (1945)

Note

  1. Whiteman passò poi alla Columbia Records alla fine della decade)
  2. Vedi ad esempio questo articolo su "Classical Notes"
  3. Le orchestre dell'epoca erano quasi completamente segregate, soprattutto per volere del pubblico.

Bibliografia

  • Alec Wilder: American Popular Song: The Great Innovators 1900-1950, 1990, New York & Oxford: Oxford University Press, ISBN 0-19-501445-6
  • Il Radiocorriere, n. 9 del 27 febbraio 1949 Giovanni Mancini, L' Orchestra Millesuoni.

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